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05 SETTEMBRE 2021 - XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

 

1)  Invoca lo Spirito Santo perché possa aprire il tuo cuore alla comprensione della Parola.

2)  Leggi attentamente il brano del Vangelo

 

Dal Vangelo di Marco: (Mc 7,31-37) In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»."

 

3) Rileggilo più volte per interiorizzare ogni Parola

4) Adesso fai silenzio perché Gesù possa parlare al tuo cuore.

 

5) Rifletti: " Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua". Dopo essersi scontrato con scribi e farisei su questioni religiose e aver constatato la chiusura mentale e la rigidità di pensiero di questa gente che si definiva religiosa, Gesù se ne va altrove. Si ritrova in terra pagana, a Tiro e Sidone. E proprio qui, e non tra gli ebrei, Gesù trova una fede grande. Marco sembra dire che c'è molta più fede, a volte, tra chi non crede piuttosto che nelle persone cosiddette religiose. La religione sono le pratiche di pietà, ma la fede è ciò che viviamo dentro, l'amore che pulsa nelle nostre fibre. Il miracolo avviene per una persona che avrebbe dovuto essere esclusa ma il Maestro non tiene conto di privilegi, di appartenenze, di precedenze. Il suo dono è gratis, per tutti, nessuno escluso. A Gesù portano un sordomuto e lo pregano di toccarlo. Osserviamo cosa fa Gesù. Innanzitutto "gli portarono": spesso siamo così sordi, così chiusi che certe situazioni proprio non le sentiamo, non ce ne rendiamo conto. Allora è importante lasciare che gli altri ci aiutino. Permettiamo a chi ci è vicino di condurci da Gesù, verso la luce, di aprirci gli occhi sulla realtà. Gesù che fa? "Lo prese in disparte, lontano dalla folla". Gesù cerca una relazione, un incontro personale vero, non una dimostrazione in piazza. E' proprio vero, per incontrare il Signore Gesù bisogna avere il coraggio di sottrarsi alla folla, di ritagliare uno spazio, a volte anche fisico, per lasciarsi incontrare e farsi raggiungere. Basta un angolo della casa, la chiesa più vicina, il cellulare spento e un po' di tempo per lasciarsi nutrire dalla Parola. La terapia di Gesù con il sordomuto avviene a più riprese. Deve mettergli le dita nelle orecchie, cioè deve stappargliele, deve togliergli i tappi che gli impediscono di sentire. Marco ci sta dicendo: se non senti che stai male, come fai a guarire? Se non senti la tua insoddisfazione, come fai a toglierla? Se non senti il tuo dolore, come fai a farlo uscire?  E poi Gesù gli tocca la lingua con la saliva. Deve insegnargli a parlare, ad esprimersi. Marco sembra dire: "Tira fuori quello che hai dentro, dai un nome a ciò che provi. Definisci la tua gioia, la tua emozione, la tua rabbia, il tuo dolore. Raccontati, tira fuori chi sei". Poi Gesù guarda in cielo ed emette un sospiro,  e gli dice: "Apriti". L'apertura è una dimensione della vita. Aprirsi vuol dire far entrare e incontrare il nuovo. Aprirsi è vivere. Chiudersi è morire. Cosa ha fatto Gesù? Ha riaperto i sensi, le vie di comunicazione con la realtà. Ha fatto tornare quest'uomo con i piedi per terra. Ecco cosa fa Gesù con la nostra vita: ridà valore alle cose che esistono e non ai nostri mille pensieri che sono l'anticamera delle nostre depressioni. Oggi Gesù pronuncia "Effata" cioè "Apriti" su tutte le nostre chiusure. La guarigione spirituale la troviamo nel lasciarci "toccare" dalla realtà che viviamo, non nei ragionamenti. La cosa più difficile non è guarire, ma dare nome al dolore, alle fragilità, alle ferite. E' da questo riconoscimento che parte la possibilità della guarigione. Il Signore, oggi, ci ridona questa possibilità. Possiamo guarire, se lo vogliamo. Possiamo liberarci dalle schiavitù che ci imprigionano, se lo desideriamo. Possiamo essere uomini nuovi, se ci lasciamo rinnovare dall'amore. Il Signore non si stanca delle nostre chiusure, viene ancora a cercarci nelle regioni delle nostre fragilità, ci invita a stare in disparte e gustare la Sua presenza.

     Ci lasciamo portare in disparte da Gesù perché ci guarisca dalle nostre infermità?

      Noi non siamo sordi rispetto alla parola di Dio, anzi l’ascoltiamo spesso, ma i nostri orecchi sono sempre collegati con la mente e il cuore?

      La timidezza dei cristiani nel “dire” la propria fede e il proprio amore, anche di fronte a chi non crede e non ama i fratelli, forse a volte ha contagiato anche noi?

 

6) Prega: Trasforma in propositi e in preghiera le riflessioni che lo Spirito ti ha suggerito.

Signore Gesù,  ci ha dato tutti i doni di cui abbiamo bisogno per ascoltarti, comprenderti, seguirti e testimoniarti, aiutaci ad essere più attenti alla tua Parola, aprirci a te e ai fratelli e disponibili a parlare di te. Amen!

 

7) Impegno: Vivere è percorrere lo stesso cammino del sordomuto della Decapoli: dal silenzio alla parola. Se ci accorgiamo che un parente, un collega o un conoscente ha bisogno di sentire una parola di Gesù, proviamo a dirgliela.