ORARIO
SS. MESSE
FERIALI: ORE 09.00; 18.00 FESTIVE:
ORE 09.00 - 10.30 - 12.00 - 18.00
LA RIFLESSIONE
SULLA PAROLA
DI DIO, a cura di P. Tonino
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DOMENICA
23 OTTOBRE 2022
1) Invoca lo Spirito Santo perché possa aprire il tuo cuore alla
comprensione della Parola. XXX DOMENICA DEL TEMPO ODINARIO ANNO C 2) Leggi attentamente il brano del Vangelo Dal Vangelo di Luca: (Lc 18,9-14): “In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».”. 3) Rileggilo più volte per interiorizzare ogni Parola 4) Adesso fai silenzio perché Gesù possa parlare al tuo cuore. 5) Rifletti: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano”. Una storia, due personaggi: un fariseo e un pubblicano. Due uomini che salgono al tempio a pregare. Due modi diversi di stare davanti a Dio, agli altri e a se stessi. Il fariseo si ritiene giusto perché, a differenza degli altri, rispetta scrupolosamente i dieci comandamenti. Per questo motivo erano separati dal resto della gente che neppure toccavano per non contaminarsi (fariseo, infatti, significa “separato”). Insomma erano i santini dell’epoca. Il fariseo fa una preghiera lunga, in piedi, in silenzio, «pregava così tra sé». Fa una preghiera di ringraziamento, la sua però è autoreferenziale, non attende nulla da Dio. Si è costruito una sua giustizia, con il solo obiettivo di “sentirsi a posto” e non dover dipendere da nessuno, nemmeno da Dio. Ha già i suoi meriti e gli bastano. Nella prima parte elenca ciò che lui non fa, nella seconda, ciò che lui fa. Insomma la sua vita e la sua preghiera sono davvero irreprensibili, il fariseo è davvero un ottimo religioso. Sale al tempio anche un pubblicano, il quale “non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo” perché si riconosceva peccatore, se ne sta a distanza, il posto che compete a chi è lontano da Dio e la sua preghiera è molto breve. Anche lui dice la verità: è un povero peccatore, sa che da solo non può farcela, ha bisogno del perdono di Dio. Entrambi hanno un atteggiamento vero ma Gesù dice che solo uno se ne va giustificato, il pubblicano. Perché? Il fariseo inizia molto bene la preghiera ma poi fa un confronto con gli altri. La vera preghiera ci fa ritrovare, senza false apparenze, di fronte a Dio. Il pubblicano invece si riconosce così com’è: peccatore. Riconosce la sua situazione, la sua realtà, non s’inganna. Bisogna riconoscersi poveri davanti a Dio per ricevere la ricchezza, che è Dio stesso. Il pubblicano, a differenza del fariseo, sa di essere ammalato e di aver bisogno del medico che è Dio. Il fariseo si nasconde dietro ciò che fa, vede solo una parte di sé. Il fariseo adempie le leggi religiose, è onesto ma infelice. “non sono come gli altri uomini …Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il fariseo non cessa di ripetere: io, io, io. Ha dimenticato la parola più importante: tu. La preghiera non dev’essere pia, dev’essere vera. Pregare è aprire le stanze della nostra vita e lasciare che Dio illumini tutto ciò che è oscuro, che non ci piace di noi stessi. L’atteggiamento del fariseo ci interroga: può esserci una vita religiosa senza fede? Sì! Possiamo essere religiosamente impeccabili, eppure lontani da Dio. Possiamo andare a messa tutte le domeniche e impedire a Dio di entrare nella nostra vita. E’ possibile realizzare un cristianesimo senza Cristo, pieno di uomini irreprensibili, formalmente ligi alle regole, eppure lontani da Dio. Se mettiamo al centro noi stessi, nessuna relazione funziona. Il pubblicano “tornò a casa giustificato”, non perché umile ma perché si apre a chi è più grande del suo peccato. Il peccato è l’unica via attraverso la quale sperimentiamo Dio come misericordia. La pedagogia del Vangelo è sconcertante. Dio si rivela ai deboli non ai forti: ai peccatori, ai pubblicani e alle prostitute non ai puri. Siamo noi questi due personaggi. Noi siamo contemporaneamente farisei e pubblicani. Nessuno di noi è solo giusto o solo peccatore. La cosa peggiore sarebbe comportarci come il pubblicano nella vita e come il fariseo nel tempio. Cerchiamo almeno di essere farisei nella vita e pubblicani nel tempio. Come il fariseo, cerchiamo di essere nella vita onesti e giusti, pagando le tasse; come il pubblicano, imploriamo, quando siamo in chiesa, per noi e per tutti, la sua misericordia. • Farisei e pubblicani: rientriamo in noi stessi e proviamo a fare le prove di accesso a Dio: come arriviamo alla sua presenza? Con quali atteggiamenti? Quali sentimenti? 6) Prega: Trasforma in propositi e in preghiera le riflessioni che lo Spirito ti ha suggerito. Preghiamo con il salmo 50: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” Impegno: “Siamo un po’ pubblicani, perché peccatori, e un po’ farisei, perché presuntuosi, campioni nel giustificare noi stessi! Con gli altri spesso funziona, ma con Dio no. Con Dio il trucco non funziona. Preghiamo per chiedere la grazia di sentirci bisognosi di misericordia, poveri dentro. Anche per questo ci fa bene frequentare i poveri, per ricordarci di essere poveri, per ricordarci che solo in un clima di povertà interiore agisce la salvezza di Dio.” (Papa Francesco) |
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