XXXIV SETTIMANA DEL T.O. ANNO B - SOLENNITA’ DI CRISTO RE
1) Invoca lo Spirito Santo perché possa aprire il tuo cuore alla comprensione della Parola.
2) Leggi attentamente il brano del Vangelo
Dal
Vangelo di Giovanni (18, 33-37) : “In quel tempo, Pilato disse a Gesù:
«Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure
altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La
tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai
fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio
regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto
perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di
quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù:
«Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono
venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla
verità, ascolta la mia voce»”
3) Rileggilo più volte per interiorizzare ogni Parola
4) Adesso fai silenzio perché Gesù possa parlare al tuo cuore.
5)
Rifletti: «Sei tu il re dei Giudei?». Prima di tuffarci nell'Avvento,
la liturgia ci mette davanti agli occhi la novità scandalosa di un Dio
che presenta la sua regalità dal trono della Croce. Al centro del
Vangelo di oggi c'è la Croce con un re con le mani forate invece di uno
scettro, in testa dei chiodi invece di una corona d'oro e per trono,
una croce. Verrebbe quasi da dire: “ma che razza di re ci siamo
scelti”. Il nostro Re è differente. E' un Re talmente potente da lavare
i piedi ai suoi discepoli e dare un boccone a chi lo stava per
consegnare nelle mani dei suoi assassini. Siamo sinceri: facciamo
fatica ad essere discepoli di un Dio così, perché siamo tutti a caccia
di vittorie, piccole o grandi che siano; perché sogniamo di essere
visti, di essere riconosciuti, perché, siamo onesti, desideriamo
consenso e attenzioni. Invece, il nostro re, si alimenta di un’altra
logica. “Il mio regno non è di questo mondo”, dice Gesù. Facciamo
fatica a seguire un Dio che rivela la sua regalità nell'amore, nel
servire e non nella pretesa d'essere servito. Allora, fissiamo lo
sguardo sulla croce, lasciamo spazio allo stupore e chiediamoci:
davvero lo vogliamo un Dio così? Siamo proprio sicuri? Prima di
rispondere frettolosamente osserviamolo bene: è un Dio senza bacchetta
magica, che si china sui piedi maleodoranti dei suoi discepoli e li
lava con cura, che non toglie il dolore ma lo condivide, che non ci
salva dalla morte ma nella morte, che perdona i suoi assassini, che
sceglie come primo santo da canonizzare un delinquente crocifisso come
lui, che muore solo come un cane perché abbandonato da tutti i suoi
amici. «Dunque tu sei re?». chiede Pilato a Gesù. Ieri è toccato a
Pilato prendere posizione di fronte a Cristo Re; oggi tocca a noi. È
facile cadere nell'equivoco del procuratore romano quando, dopo essersi
chiesti se davvero Gesù sia re, non ci si ferma a valutare il peso
della risposta e non se ne accettano le conseguenze pratiche. Anche per
noi Cristo Re potrebbe costituire una breve "avventura liturgica", che
termina con la fine della celebrazione eucaristica o magari alla fine
della nostra adorazione, mentre il potere lo teniamo per noi,
negandogli, di fatto, di regnare sulla nostra esistenza. Forse dobbiamo
ridimensionare il "Pilato" che c'è in ciascuno di noi, e lasciare
maggior spazio al discepolo autentico, convinti che accettare lealmente
la regalità di Cristo significa regnare con lui, da subito e per tutta
l'eternità. Noi, con il battesimo diventiamo in Cristo re, sacerdoti e
profeti. Appartenere al popolo "regale" significa essere signori di se
stessi, liberi dai condizionamenti che da ogni parte ci avvolgono ma
anche mettersi a servizio disinteressatamente senza pretese di dominio,
con umiltà e senza ambizione, nella verità e nell’amore. Se siamo figli
del Re allora guardiamo alla croce come misura dell'amore. Se siamo
figli del Re allora il potere, tra noi, sarà sempre e solo servizio e
lo stile sarà sempre e solo all'insegna dell'amore. Oggi celebriamo la
regalità di Cristo, certo, ma anche la nostra regalità, quella ricevuta
in occasione del battesimo, insieme con la dignità sacerdotale e
profetica. La Grazia dello Spirito Santo che ha impresso in noi il suo
sigillo indelebile, ci aiuti a innalzarci davvero, per regnare fin da
subito sulle nostre meschinità. Possiamo dare il meglio di noi, per
aiutare il mondo a dare il meglio di sé. E così sia!
● Quanto di Pilato c’è in me? Ho coscienza che con il battesimo divento
in Cristo re, sacerdote e profeta? Come vivo questa grande realtà?
Quanto regna nel mio cuore Cristo? Quanto la sua Parola è guida sicura
dei miei passi?
6)
Prega: Trasforma in propositi e in preghiera le riflessioni che lo
Spirito ti ha suggerito.
Ti chiediamo perdono, Signore, per la poca generosità, per la miseria
di amore che ti abbiamo donato. Per chiudere bene, per ricominciare il
nuovo Anno liturgico con più grinta, non ci resta che impegnarci ad
amare e a perdonare attendendo con fiducia la tua venuta in mezzo a noi
nel Santo Natale. Venga il tuo Regno, Signore, in terra, in Cielo, e
nei nostri cuori. Amen!
Impegno: “Venga il tuo regno” è la frase chiave del Padre Nostro. Ripetiamola con convinzione e tantissima fede.
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